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[Approfondimento] Le proporzioni dello schermo

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Le proporzioni dello schermo

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La storia delle proporzioni dell’immagine video-cinematografica è lunga e piuttosto complicata.

 

Il primo “ formato standard” di un immagine video nasce con l’uso della pellicola 35 mm (nota anche come “formato Leica” o 24x36). Questo formato è rimasto invariato sino agli anni ’50 quando la televisione iniziò a far diminuire le vendite di biglietti delle sale cinematografiche statunitensi.

 

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Il formato dell’immagine cinematografica prima degli anni ’50 era condizionato dalle dimensioni della pellicola. Lo spazio riservato all’immagine su un 35 mm aveva un rapporto di 1:1.37 ed era noto anche come “formato Academy”. Questo rapporto era il risultato della sottrazione dello spazio riservato alla traccia audio dal fotogramma completo.

 

Lo standard televisivo NTSC venne definito sulla base di questo rapporto, ma – per motivi puramente tecnici – venne ridotto ad un rapporto di 1:1.33, meglio noto come 4:3.

 

Il rapporto di 1:1.37 rimase uno standard sino al 1950 quando la Paramount Pictures lanciò un “nuovo formato”: era il 1:1.66 (noto come “Paramount size”). Lo scopo del nuovo formato cinematografico era dichiaratamente quello riportare gli spettatori nelle sale offrendo uno schermo più ampio di quello televisivo.

 

Era iniziata la “Guerra dei nuovi formati”. MGM e Disney lanciarono il loro 1:1.66 mentre Universal e Columbia Tristar scelsero, più tardi, il formato 1:1.85. Questo formato venne poi chiamato “Academy flat”.

 

La maggior parte dei primi effetti “widescreen” (“grande schermo”) erano ottenuti con una tecnica nota come “mascheratura fissa” (“hard matte”). La mascheratura consisteva nel applicare un “mascherino” nero sull’obbiettivo della cinepresa in modo da coprire la parte superiore e inferiore del fotogramma con due strisce nere orizzontali. La controparte della mascheratura fissa era la “mascheratura mobile” (“soft matte”) ottenuta girando il film nel formato normale di 1:1.37 ma applicando la maschera durante la proiezione al cinema. Attualmente vengono utilizzate ancora entrambi i processi per alcuni film.

 

All’inizio degli anni ‘50 venne introdotto l’uso di lenti anamorfiche dalla 20th Century Fox. L’anamorfismo è la compressione di uno schermo più ampio all’interno di un fotogramma più stretto; l’immagine impressa sulla pellicola risulta “stirata” verticalmente. Durante la proiezione una lente anamorfica riporta l’immagine alle proporzioni originali della scena in “widescreen”. Il primo obiettivo anamorfico fu disegnato dal professore francese. Henri Chrétien alla fine degli anni ’20 e chiamato “Anamorphoscope”.

 

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La tabella seguente espone i formati più frequenti e il loro uso (i valori sono aggiustati per lo standard PAL).

 

Rapporto H V Standard

 

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Formati cinematografici in dettaglio

 

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Cinerama (1952)

 

Con rapporto di 3.0:1, 2.77:1, 2.75:1 e 2.59:1. Quando viene trasferito in televisione questo formato è quello che causa la presenza di ampie bande nere orizzontali (“letterboxing”, vedi oltre in questo capitolo). Questo sistema di ripresa utilizzava tre cineprese affiancate le cui pellicole venivano poi allineate e collegate. Una quarta pellicola 35 mm magnetica veniva utilizzata per la registrazione di sette tracce audio che venivano missate e riprodotte in vario modo (qualcosa di simile al sistema Surround degli anni ‘80). “La conquista del west” (How the West Was Won, 1962) venne filmato con questa tecnica.

 

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CinemaScope (1953)

 

Con rapporto di 2.66:1, 2.55:1 e 2.35:1. Originariamente il rapporto era di 2.66:1, ma venne ridotto a 2.55:1 quando si dovettero aggiungere nuove tracce audio. Questo è stato il sistema più comune utilizzato in cinematografia poiché era necessaria una sola lente di proiezione CinemaScope che è stata resa disponibile in tutte le sale cinematografiche. Il CinemaScope venne creato dalla 20th Century Fox, ma non è più attualmente in uso; il formato Panavision ha rimpiazzato il CinemaScope sin dall’inizio degli anni ‘70. “La tunica” (The Robe, 1953) e “20000 leghe sotto i mari” (20,000 Leagues under the Sea, 1954) vennero filmati in Cinemascope.

 

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VistaVision (1954)

 

Con rapporto di 1.96:1, 1.85:1 e 1.66:1. Il formato VistaVision era girato con una macchina da presa particolare (soprannominata “la Mitchell orecchie d’elefante”) montata su un fianco e richiedeva un apposito proiettore per la riproduzione, ma l’immagine era qualitativamente di gran lunga migliore di quelle 35 mm. Il VistaVision utilizzava la pellicola facendola scorrere orizzontalmente e coprendo otto perforazioni per fotogramma. Dalla pellicola originale a otto perforazioni potevano essere ricavate copie sia a 70 mm che a 35 mm. “Bianco Natale” (White Christmas, 1954), “Vertigo” (Vertigo, 1958), “Caccia al ladro” (To Catch a Thief, 1955) e “Intrigo internazionale” (North by Northwest, 1959) vennero filmati in questo formato. Il VistaVision è ancora in uso al giorno d’oggi, ma esclusivamente per girare gli effetti speciali poiché fornisce una pellicola più larga sulla quale lavorare, particolarmente quando si devono aggiungere elaborazioni digitali. “Apollo 13” (Apollo13, 1995), “Contact” (Contact, 1997) e Twister (Twister, 1996) hanno tutti utilizzato sequenze girate in VistaVision per gli effetti speciali digitali aggiunti alle scene dal vero.

 

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Todd-AO (1955)

 

Con rapporto di 2.35:1 e 2.20:1. Questo processo utilizza un negativo 65 mm stampato su una pellicola 70 mm, con sei tracce audio, per produrre un’immagine di alta qualità. Molti dei film epici e musicali degli anni ’50 e ’60 hanno utilizzato questo formato: “Oklahoma!” (Oklahoma!, 1995), South Pacific (1958) e “Il giro del mondo in ottanta giorni” (Around the World in Eighty Days, 1956) utilizzarono questo formato con il rapporto 2.20:1, mentre, negli anni ’70 e ’80, “2001 Odissea nello spazio” (2001 A Space Odyssey, 1968), “Dune” (Dune, 1984) e “La fuga di Logan” (Logan’s Run, 1976) lo utilizzarono con rapporto di 2.35:1. Il formato Todd-AO poteva essere girato sia ai consueti 24 fotogrammi al secondo che a 30 fps.

 

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Technirama (1957)

 

Rapporto variabile. Questo procedimento fu sviluppato dalla Technicolor Corporation come un modo per continuare ad usare il sistema a tre colori nel tentativo di contrastare la Eastman Color. Esso richiedeva sia una macchina da presa laterale (come il VistaVision) e un obiettivo anamorfico (come il CinemaScope). Venivano utilizzate sia pellicole 35 mm che 70 mm. “La Tempesta” Alberto di Lattuada (1958), “La Bella addormentata” di Disney (Sleeping Beauty, 1959) e “Spartacus” (Spartacus, 1960) vennero girati con questo formato.

 

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Ultra Panavision (1957)

 

Con rapporto di 2.76:1. Sviluppato dalla MGM in contrapposizione allo sviluppo della 20th Century Fox la macchina da presa usava un caricature di pellicola identico a quello della Todd-AO per negativi e stampe. Solo due film furono girati utilizzando la compressione anamorfico su pellicola a 70 mm; le altre stampe su 70 mm furono ricavate con la compressione quasi eliminata o su singola pellicola da 70 mm in originale. Dopo “L’albero della vita” (Raintree County, 1967) e “Ben-Hur” (Ben-Hur, 1957) che utilizzarono stampe 35mm ricavate dal mascheramento del negativo per conservare il rapporto 2.76:1, tutte le altre produzioni utilizzarono stampe anamorfiche in 35mm compatibili con il CinemaScope.

 

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Super Panavision 70 (1959)

 

Con rapporto di 2.35:1 e 1.85:1. La Panavision Company divenne l’azienda di maggior successo di obiettivi widescreen, e, negli anni ‘70 i loro obiettivi Panavision divennero uno standard per la cinematografia in widescreen. Il CinemaScope venne ritirato negli anni ’70 in favore del Panavision e, quest’ultimo, fornisce ancor oggi gli obiettivi per le maggiori produzioni. La Panavision fornisce anche obiettivi per film girati con mascheratura in contrapposizione al “widescreen” e questi film “mascherati” non sono necessariamente in formato 2.35:1. Un altro formato del Panavision è il 1.85:1 conosciuto anche come 16:9 che è lo standard per la TV digitale (DTV) e quella ad alta risoluzione (HDTV). Il formato video dei DVD solitamente ha l’opzione per la visualizzazione in 16:9, ma non tutti i film su DVD hanno il rapporto 1.85:1; è necessario avere un televisore widescreen 16:9 per visualizzare al meglio questi film, in caso contrario si otterranno due larghe bande nere orizzontali su un televisore standard (4:3).

 

Super 35

 

Con rapporto di 2.35:1 questo sistema non utilizza obiettivi widescreen, ma piuttosto il mascheramento dell‘immagine per adattarla al rapporto dello schermo. La parte superiore ed inferiore dell’immagine sono mascherate e rimosse completamente dal fotogramma, dando come risultato un’immagine rettangolare. La trasformazione anamorfica è effettuata durante il processo di stampa dal negativo mascherato. Alcuni fra i vecchi film girati con questo sistema vengono proiettati in televisione (o su DVD) con la parte inferiore e superiore non mascherate in modo da vedere tutto il fotogramma originale; ma questo non è un trattamento corretto perché il regista non intendeva utilizzare tutto il fotogramma per l’effetto finale. Questo è uno dei motivi per i quali in alcuni film in TV si vedono i microfoni che al cinema non apparivano. “Abyss” (Abyss, 1989), “Aliens – Scontro finale” (Aliens, 1986), “Terminator 2 – Il giorno del giudizio” (Terminator 2 – Judgment day, 1991), “True Lies” (True Lies, 1994) e “Titanic” (Titanic, 1997) vennero girati in Super 35.

 

Dal cinema alla televisione

 

Mentre i formati dello schermo cinematografico variano fra 1:1.37 e 1:2.66 (o addirittura a 1:3.0 nel caso del Cinerama), ci sono solo due “formati televisivi”: il vecchio tradizionale 4:3 e il nuovo 16:9.

 

I televisori in formato 4:3 hanno un formato “cinematografico” di 1:1.33, molto vicino al formato 1:1.37 del formato Academy, e sono anche noti con la sigla SDTV (Standard Definition Television).

 

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I nuovi “widescreen” 16:9 hanno un rapporto di 1:1.78 che si pone fra il formato “Academy flat” e quello dei più vecchi film MGM mascherati. Questo è il formato dell’incalzante tecnologia HDTV (High Definition Television) e della DTV (Digital Television e i derivati DVB). I televisori widescreen sono più comuni in Europa e nei Paesi che utilizzano lo standard PAL piuttosto che in quelli con lo standard NTSC probabilmente perché la migliore gestione del colore e la risoluzione leggermente più alta del PAL rende migliori le immagini. In Europa è stato sperimentato anche una variante del PAL, il PAL-Plus, che ha avuto successo solo in alcuni paesi. In Giappone, dove viene utilizzato il vecchio sistema NTSC, il formato widescreen è utilizzato principalmente per le trasmissioni in alta risoluzione.

 

Notate che lo standard di trasmissione in widescreen include in cosiddetto “segnale di widescreen” (“widescreen ID pulse”) che fa commutare automaticamente i televisori in modalità 16:9. Questo segnale è utilizzato dai DVD (ovviamente quando il film è in un formato 16:9 o superiore), dalle videocamere digitali “compatibili 16:9” e da alcune emittenti (ad es. La TSI Svizzera). Sfortunatamente alcuni software non sono in grado di gestire correttamente il segnale: la serie Matrox RT2000 e i suoi Video Tools v3.1 (MVT) non gestiscono l’ID 16:9 in uscita; il risultato è un orrendo formato 4:3 distorto verticalmente.

 

Mantenere il formato corretto

 

Ovviamente il miglior modo di trasferire un film su video è quello di mantenere il rapporto originale dello schermo, ma, talvolta, questo non è possibile. Teniamo a precisare che il “talvolta” si riferisce quasi esclusivamente a trasmissione di emittenti in SDTV di film con rapporto estremamente alto. Se il film è stato girato nel vecchio formato Academy 1:1.37 l’immagine si adatterà perfettamente a uno schermo tv 4:3; la perdita dell’immagine sarà solo di circa l’1%. Su un televisore in 16:9 il formato Academy lascerà due bande nere ai lati dell’immagine.

 

I formati Academy flat e Super Panavision con rapporti di 1:1.85 saranno perfetti per un televisore 16:9; anche in questo caso la perdita dell’immagine sarà inferiore al 2% o può essere lievemente rimpicciolita lasciando due sottilissime strisce nere sopra e sotto l’immagine; queste strisce sono praticamente invisibili.

 

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Riprodurre un film di formato 1:1.85 su un televisore 4:3 è un poco più difficile, ma non molto. Poiché abbiamo scelto di mantenere il formato originale dobbiamo rimpicciolire l’immagine per farla stare all’interno dello schermo 4:3. Avremo, quindi, un’immagine più piccola con due bande nere sopra e sotto l’immagine. Qualcuno può trovare brutto il risultato ottenuto, ma questo sistema mantiene il formato originale conservando il significato dell’immagine, ed ciò e quello che volevamo.

 

Sempre più difficile... Proviamo con un formato ancora più ampio come Braveheart, girato nel 1995 in un uno stupendo Panavision di 1:2.35. Anche “strizzando” l’immagine del film in un video 16:9 avremo sempre due larghe bande nere sopra e sotto l’immagine; far stare uno schermo così ampio in un video 4:3 è praticamente impossibile perché la scena del film coprirebbe circa la metà dello schermo televisivo.

 

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Potete immaginare cosa accadrebbe vedendo Ben-Hur nel suo fantastico formato quasi-Cinerama di 1:2.76 su uno schermo TV di 4:3?

 

Tagliare, reinquadrare e… massacrare

 

Il modo più comune per forzare un film con uno schermo ampio dentro uno schermo TV è quello di tagliarne i lati. Il metodo più brutale consiste nel taglio dei bordi a prescindere del contenuto dell’immagine. Fortunatamente questo metodo è quanto mai insolito.

 

Il taglio brutale viene utilizzato quando si devono eliminare porzioni minime del formato originale come, ad esempio, quando si vuole adattare un formato 1:1.85 in un formato 16:9 (1.1.78).

 

Il metodo più comune di taglio “ponderato” dell’immagine è il cosiddetto “Pan and Scan” (P&S) che consiste nel re-inquadrare il film con un formato più piccolo. Anche con il P&S l’immagine originale è tagliata, ma l’operatore video può re-inquadrare l’immagine e “muoversi” attraverso lo schermo per seguire l’azione o quello che si suppone essere la parte più importante della scena. In ogni caso un P&S “stretto” che tagli un film in formato 1:2.40 in uno schermo 4:3 elimina sino al 45% dell’immagine originale. Questa tecnica ha un solo vantaggio e molti svantaggi: il film può essere riadattato perfettamente sia per schermi 4:3 che per i 16:9, ma dobbiamo pagare il prezzo della perdita di buona parte delle immagini e, spesso, anche del significato delle immagini stesse.

 

Se un film è stato girato in un formato, il regista e il fotografo hanno studiato ogni singola scena e ogni inquadratura, la posizione degli attori all’interno dell’inquadratura, le luci, i movimenti di macchina e persino gli oggetti in scena. Perciò qualsiasi taglio o re-inquadratura della pellicola originale sono mutilazioni dell’opera cinematografica e un’offesa all’arte del cinema.

 

Quelli che seguono sono tre esempi di cosa potrebbe accadere rimaneggiando un film. Come possiamo notare buona parte di ogni scena perde di significato; alcuni attori possono essere tagliati fuori completamente e l’effetto prospettico è annullato. Il peggior caso è visibile nella scena di Braveheart: tagliando il fotogramma per un formato 4:3 è impossibile vedere entrambi gli attori contemporaneamente e abbiamo l’impressione che Sophie Marceau o Patrick McGoohan stiano parlano al muro… Nell’inquadratura da Ben-Hur, invece, Charlton Heston è stato tagliato via dalla scena perché si suppone che l’azione abbia luogo nella parte opposta dello schermo.

 

Solitamente queste mutilazioni sono perpetrate dai produttori di DVD per “raggiungere un mercato più ampio”. Purtroppo anche il tentativo di “rimodernare” alcuni capolavori del passato ha portato a risultati molto discutibili: la ristampa su 70 mm di “Via col vento” (Gone with the Wind, 1939) girato originariamente in 1:1.37 venne effettuata tagliando i bordi superiore ed inferiore del fotogramma per portare il rapporto a un improbabile 1:2.20, “più adatto ai cinema di oggi”.

 

Letterbox

 

Un altro sistema per far stare un film widescreen in uno schermo televisivo è quello del “letterboxing”.

 

Probabilmente questo metodo è la conseguenza dei danni che il Pan&Scan ha fatto su molti film e delle lamentele di registi e produttori che hanno visto i loro lavori mutilati.

 

Come abbiamo già detto il letterboxing consiste nel ridurre le dimensioni del fotogramma senza cambiarne le proporzioni. Il primo svantaggio visibile è quello di avere due larghe bande nere orizzontali. Oggi che i televisori di formato 16:9 sono sufficientemente diffusi questo svantaggio si sta risolvendo.

 

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Vantaggi del Letterbox:

 

Si vede tutto (o quasi) lo schermo del film originale. Il film in TV o su DVD è sempre più simile all’originale visto al cinema. La “visione” originale del regista è mantenuta intatta e il film è più simile all’originale anziché esserne una rozza “interpretazione televisiva”. Non ci sono “attori mancanti” o scene artificialmente ricostruite.

 

Svantaggi del Letterbox:

 

Non è un formato attraente per chi non ha interesse nella parte artistica del film.

Le bande nere possono non essere facilmente accettate e possono sembrare “incombenti” per qualcuno.

Con gli schermi 4:3 più piccoli (sotto i 19 pollici) l’immagine può non essere gradevole e risultare eccessivamente piccola. Abbiamo già visto cosa accadrebbe a Ben-Hur una volta riprodotto su un 4:3.

Sfortunatamente si è fatto abuso delle versioni letterbox sui DVD dando per assodato che questi venissero riprodotti su televisori 4:3. In questi casi i possessori di apparecchi 16:9 si ritrovavano una piccola immagine contornata da una fastidiosa cornice nera. Il caso più famoso è Blade Runner (1982) girato in Panavision 1:2.35, ma riprodotto in DVD solo in letterbox per televisori 4:3. In questi casi i possessori di televisori 16:9 sono costretti ad utilizzare la funzione zoom del televisore per riempire lo schermo, ma, spesso, l’immagine ha una risoluzione inferiore perché sul DVD molto spazio viene sprecato per memorizzare le larghe bande nere orizzontali.

 

Trasferimento anamorfico

 

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Se possedete un televisore 4:3 TV il miglior formato che possiate desiderare (dopo il P&S) è il letterbox, ma se possedete un nuovo, sfavillante, costoso video widescreen 16:9, sarete felici solo godendovi un meraviglioso, intonso e originale formato non letterbox: il formato anamorfico.

 

Lo standard DVD non contempla molti formati video; i due formati principali sono il PAL 720x576 e l’NTSC 720x480 e sono in rapporto 4:3. In questo modo un film 1:1:78 sarebbe forzatamente in letterbox sprecando parte dello spazio disponibile per le due strisce nere orizzontali. Il procedimento anamorfico “stira” verticalmente un quadro 16:9 fino al rapporto di 4:3 aumentandone la risoluzione. Al momento della riproduzione il televisore 16:9 allarga l’immagine e la ricomprime verticalmente in modo che copra tutta l’area dello schermo.

 

Se guardiamo un filmato o un video anamorfico su un televisore standard 4:3 vedremo un’immagine distorta, stirata verticalmente. Questo potrebbe essere un problema se i moderni televisori ancora in 4:3 non avessero un funzione per ricomprimere l’immagine in letterbox ripristinando le corrette proporzioni. Anche molti lettori DVD sono dotati di sistemi per riprodurre video anamorfici su entrambi i tipi di televisori applicando il “letterbox” elettronico quando il televisore selezionato è un 4:3.

 

Grazie a questi accorgimenti per agevolare i possessori dei sempre più rari televisori 4:3, i DVD sono tutti in formato anamorfico; ovviamente tranne quelli di vecchi film con rapporto 1:1.37.

 

 

Credits: pinotti.co.uk

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